Uomini Lancia Michele Elia

Classe 1945, Michele Elia ha lavorato il Lancia dal 1963. È stato uno dei motoristi che ha contribuito sotto la guida del Cav. Ettore Zaccone Mina alla realizzazione dei motori della Fulvia fino alla Gamma: l'ultimo propulsore made in Lancia.

di Gianluca Ruiu

Premessa

At Lancia we work for Perfection. Persino facile da tradurre. Così riporta una bella immagine interna di un depliant datato 1965 che noi abbiamo tra le nostre memorabilia. Mai avremo immaginato di poter intervistare uno di quelli in piedi davanti al tecnigrafo. Il nostro “Uomo Lancia” è il secondo, quello col camice bianco. Lasciamogli la parola, ha molto da raccontare. 
Allora, partiamo da dove tutto è iniziato…
1968 ca. Panoramica Stabilimento Lancia di Borgo San Paolo Torino

Allora, partiamo da dove tutto è iniziato…

“Sono nato a San Mauro Torinese nel 1945. Mio padre Vincenzo era anche lui un “Uomo Lancia” alle dirette dipendenze del Cav. Giuseppe Gillio, il “famoso” responsabile del reparto esperienze e collaudi. Il nome di Gillio ed i suoi “lavori” sono noti a tutti gli appassionati. Papà era bravissimo nel campo elettrico e contribuì alla progettazione della strumentazione della Fulvia, quella con il contachilometri a tamburo. Ricordo anche, che fu sua la realizzazione del ventilatore elettrico sul radiatore della Flavia 1.500; sostanzialmente un motorino a corrente continua che entrava in funzione a basso regime per poi disattivarsi sganciandosi dalla puleggia quando il motore aumentava di giri e trascinava la ventola. Papà è mancato prematuramente all’età di 49 anni, ma mi ha trasmesso la passione di sempre, quella che ancora coltivo: l’elettronica. Nel 1959 ho conseguito la licenza di avviamento professionale ad indirizzo Industriale (ndr: oggi scuola media inferiore) ma cause di forza maggiore (persi mamma all’età di 9 anni) mi costrinsero ad una rapida immissione nel mondo del lavoro, sicché a 15 anni, nel dicembre 1960, fui assunto come apprendista dalla Ditta Cardona (serissima dal punto di vista contributivo, cosa rara per l’epoca). Qui, in ottone lucidato e poi cromato, si facevano manualmente i telaini delle porte dell’Appia speciale carrozzata Ellena. Durante questo periodo di apprendistato, sfruttai l’occasione che il datore di lavoro mi offrì: l’iscrizione ad  un corso preserale,  triennale, dove si insegnavano materie e disegno tecnico. Dai 15 ai 18 anni frequentai pertanto il corso patrocinato dall’A.M.M.A (Associazione Metallurgici Meccanici Affini) conseguendo il “diploma di merito” per disegnatore meccanico. Ricordo con nostalgia il premio finale: un micrometro della famosa ditta torinese “La Microtecnica”, un’eccellenza nella meccanica e poi in campo aerospaziale. Constatai, dopo l’assunzione in Lancia, che il mio futuro Direttore, il Cav. Ettore Zaccone Mina, vi teneva delle lezioni sul funzionamento dei motori a ciclo 8. Infine, nel 1972 quando ero già in azienda, conseguii il diploma di Geometra. 

Sono felicemente sposato dal 1973 con Rossella (insegnante della scuola d’infanzia dai 3 ai 6 anni) che mi è stata molto vicina negli anni passati da libero professionista ed abbiamo 2 figli, Nadia (1974) e Roberto (1980), professionalmente realizzati e motivo di grande orgoglio” 

Raccontaci della assunzione in Lancia S.p.a.

“Feci domanda tramite papà e fui assunto il 1 settembre 1963 come disegnatore tecnico, avevo 18 anni. All’epoca si doveva frequentare un corso di bella scrittura, al nono piano del grattacielo di Via Lancia 27. Il Sig. Forsellini aveva una pazienza estrema, ci faceva riempire fogli A4 di numeri e lettere in stampatello, per poi passare a lucidare piccoli particolari meccanici e, soprattutto, disegnare dadi e bulloni nelle varie viste ortogonali (ndr: la qualità grafica dei disegni esecutivi di Lancia Spa è famosa).
Per arrivare in ufficio si utilizzavano i due proverbiali ascensori “paternoster”. In sostanza due cabine aperte a circuitazione continua verticale lungo tutti i piani del grattacielo, capienti circa 4 persone. Praticamente si prendeva e si lasciava “al volo”.
Il passaggio alla Direzione Tecnica – Servizio Motori Benzina (o ciclo 8 ), diretta dal Cav. Ettore Zaccone Mina, avvenne quasi subito. La neonata Fulvia del 1963 stava passando dal 4V 1100 cc monocarburatore, con pochi cavalli e troppo peso (inox a profusione), al bicarburatore  sempre 1100 cc (la 2C del 1964) per poi approdare al 1200 del 1967. Si lavorò per aumentare i diametri dei condotti di aspirazione e scarico ed io ebbi l’incarico di verificare, facendo tutte le sezioni occorrenti, che non ci fossero problemi con i fissaggi e i passaggi dell’acqua e delle sedi valvole”.
 
1954 – Gruppo di progetto della Lancia D50 di F1. Il motorista Ettore Zaccone Mina, è alla sx. (da La Scommessa di Gianni Lancia – Valerio Moretti, Ed. Autocritica)
 
 
 

Da chi era composto l’Ufficio dei “motoristi” ?

Non eravamo in molti. Il Servizio era diretto dal Cav. Ettore Zaccone Mina (ndr: perito industriale, nato nel 1916, entrò in azienda giovanissimo, nel 1932, ed era a tutti gli effetti il depositario della filosofia di Vincenzo e Gianni Lancia). Avevamo un segretario, il Geom. Piacentino, e poi altri tecnici di cui ricordo bene i cognomi:  Cavagnero, Ricca, Chiappa, Granito, Carnio ed io. Questa era la squadra dei “motoristi-ciclo 8” del mio primo insediamento. Accanto alla nostra fila di tecnigrafi, sull’altro lato, erano dislocati i disegnatori del Servizio Carrozzeria, con cui tuttavia non avevamo molti contatti.
1967 circa – in piedi da sx: Direttore Cav. Zaccone Mina, Ricca, Chiappa, Cavagnero, Carnio. Seduto a sx: io, seduto a dx Piacentino. Sul tecnigrafo una sezione longitudinale del 4V Fulvia
 
L’atmosfera in ufficio era molto amichevole, si parlava quasi esclusivamente piemontese! Col geom. Piacentino, piccolo di corporatura ma di una simpatia unica, gli scherzi erano quotidiani.  Cavagnero era altrettanto scherzoso ed anche appassionato di tromba, strumento che suonava spesso al dopolavoro. Quando c’era l’austero Cav. Zaccone Mina…chiaramente tornavamo tutti seri. Era molto severo, al mattino arrivava appena dopo noi. Un’estate, per autorizzarmi delle ferie ferragostane, pose la condizione che ultimassi il disegno di un pistone. Ovviamente lo feci senza battere ciglio e molto velocemente. Ricordo che una mattina un collega stava parlando con altro collega posizionato all’opposto del corridoio. In quel momento, è entrato il Cav. Zaccone Mina dalla porta in fondo, vede lui che parla e lo apostrofa in piemontese: “Ha la niente di fe chiel”, tradotto “non ha niente da fare lei??”. Era molto severo, ma chi lo meritava veniva ricompensato”.
 
 (ndr: il Servizio dei “motoristi” era denominato DICT/DP/Ser. Motori Ciclo 8 –DIrezione Centrale Tecnica/Dipartimento Progettazione/Serv.Motori ciclo 8 – info da “Le Carte Scoperte” Franco Angeli Libri)
 

1965 – Al tecnigrafo di spalle: Cavagnero, io, l’altro era un collega del servizio carrozzeria (reparto a dx dopo le colonne) spostatosi in occasione del servizio fotografico per fare numero. Alle scrivanie, Battistiol, Gozzi, Chiappa (con a fianco al tecnigrafo Brombilla), Carnio, Ing. Fabio Giunchi (testa china), Pagliaretta, Borletto, Rissone.

Dove era dislocata la Direzione Tecnica ?

“Dal 1963 al 1968/1969 circa, l’intera Direzione Centrale Tecnica (motori, carrozzeria, telai, elettricisti, cambisti, freni e sospensioni) era dislocata nel grattacielo, in Via V. Lancia 27. Successivamente, pressoché in coincidenza col passaggio di proprietà e durante i primi scioperi di quegli anni, fummo trasferiti nella palazzina fronteggiante la Via Caraglio, al 2° piano. Ricordo che nonostante la proprietà avesse blindato le porte di accesso principale i manifestanti, durante l’autunno caldo del 1969, ci fecero uscire. All’epoca fece abbastanza clamore il fatto che io ed altri avessimo deciso di scioperare. Figuriamoci: impiegati che fanno sciopero! Il grattacielo era termicamente inefficiente: caldo d’estate e freddo d’inverno. L’impianto di climatizzazione non esisteva, soffiava solo aria, e le ampie vetrature erano in alluminio. Guai ad aprire le finestre scorrevoli a “ghigliottina”. Un giorno qualcuno ne lascio una aperta durante l’assenza per la pausa pranzo ( dalle 12:00 alle 14:00): volarono documenti per tutta Via Lancia !”. 

Quali sono i motori su cui ha lavorato ?

(Michele Elia ricorda bene. Nella fotografia – tratta dal volume Lancia Fulvia di Enzo Altorio Ed. Giorgio Nada, è infatti rappresentato il prototipo in questione).
“Disegnai vari particolari del motore 818.000 (Fulvia 1100) ed 815.000 (Flavia 1500). Tra questi la coppa dell’olio del motore 818.000 ipotizzata anche in magnesio (con pareti più sottili dell’ alluminio), non ricordo tuttavia cosa se ne fece, ma non mi risulta entrata in produzione. Sempre per la Fulvia disegnai anche lo studio per l’introduzione della “pillola” termostatica a cera nella scatola del filtro aria. Al tempo infatti, il cambio “estivo- invernale” sulla scatola era manuale per mezzo di una levetta sulla presa d’aria. Divenne automatica col sensore del calore a cera che “attuava” lo spostamento del diaframma. Ma non solo, all’epoca non era diffuso il ricircolo dei fumi olio motore, così disegnai lo studio del blow-by, un barilotto con trappola per far decantare i vapori  e recuperare l’olio. Al periodo il Direttore Tecnico era l’Ing. Prof. Fessia (ndr: dal 1955 al 1968), che aveva l’ufficio all’ultimo piano. Quel piano non l’ho mai visitato. 
Lavorai anche su una versione del boxer 815.000 alimentata a policarburante (benzina a basso numero di ottani, gas e carburante per i velivoli a reazione) da fornire all’Esercito Italiano. Aveva il collettore di aspirazione modificato con l’introduzione di uno zoccolo riscaldato con una resistenza interna. Ricordo bene che ci fu una Ditta costruttrice di piccoli aerei interessata al motore poiché leggerissimo ed in pregevole lega di alluminio, ma volevano la doppia accensione con conseguente modifica delle testate e carter a secco. Non se ne fece nulla. Durante quegli anni lavorammo alla sua trasformazione a ciclo diesel. Purtroppo il basamento (tutto in alluminio pressofuso)  non sopportava l’elevato rapporto di compressione tipico del diesel e tendeva ad aprirsi. A tal proposito sento di dover ricordare colui che si interessò a questa “dieselizzazione” : L’Ing. Fabio Giunchi. Lo rividi con piacere tanti anni dopo in U.T.S (ero già via dalla Lancia) , poco prima di un tragico tamponamento a catena sulla Torino-Milano dove perse la vita (era il 1993). Ebbene, l’Ing. Fabio Giunchi passò all’Alfa Romeo in concomitanza con la nascita del progetto Alfa Sud del cui boxer è l’artefice insieme all’altro ingegnere motorista Cesare Bossaglia.
(ndr. circa la genesi del boxer Alfa Romeo tutto trova conferma nella Monografia n. 25 AISA del 21.10.1995)
La nostra squadra, ma più che altro il collega Granito, si occupò dell’introduzione della iniezione meccanica Kugelfischer (tedesca) che vide la luce sulla Flavia nel 1965. Prima vettura italiana ad esserne dotata. Per i lavori di affinamento veniva l’Ing. Rudigher. Il sistema era naturalmente tutto meccanico. Un componente abbastanza critico era la cosidetta “patata” e comandava l’iniezione della benzina ai vari regimi motore.
Ricordo lo studio per un 4 cilindri a V, non ricordo però i  gradi tra l’asse dei cilindri. La sigla di progetto mi pare fosse 822. Ebbe grossi problemi nei contrappesi dell’albero motore, non si riusciva ad equilibrarlo e tenerlo fermo. Fu abbandonato”.

Parlaci un po’ della Fulvia, visto il pulpito di osservazione privilegiato: il tecnigrafo.

“La Fulvia nacque sfortunata ma poi si riprese, buon per noi. In origine era troppo pesante. Ricordo che la caratteristica inclinazione del blocco cilindri di 45° lato guida (a sx) richiese nella 2a serie un tampone di reazione in appoggio sul telaietto, bullonato sul basamento al posto dell’ancoraggio dinamo-ventola della serie precedente. Ciò comportava che dovendo uscire in retromarcia ed in salita, per reazione alla coppia il motore entrava in forte oscillazione. Continuando ad accelerare si rischiava di spaccare la sospensione motore-cambio. La vettura tutti si ricorderanno che inizialmente non vendeva. A Chivasso ne furono stoccate – già finite –  diverse migliaia
(ndr: Anche qua Michele Elia ricorda perfettamente. Erano cinquemila nel 1964, per un valore di circa 10 mld. Il 1964 fu l’anno nero dell’automobile italiana, in specie tra le cilindrate 1100 cc e 1500 cc, proprio quelle della Lancia).
Il fermo delle vetture con freno a mano tirato, causava ruggine sui dischi nel punto dove non erano protetti dal contatto con le pastiglie. Quando si andava a frenare la vettura strattonava. Si dovettero smontare i dischi e rettificarli di nuovo. Si vociferava che il Vaticano intervenne economicamente (ndr: il Vaticano effettivamente era finanziariamente chiamato in causa, con la Italcementi e la Italmobiliare di Carlo Pesenti, proprietario della Lancia Spa).
Successivamente il motore Fulvia passo dai 1100 cc ai 1200 cc la cui leva del cambio a pavimento (molto lunga) tendeva a sganciarsi nei salti violenti. Successivamente come noto la 1300. Della fantastica versione coupé ne ebbi ben sette: sei “Rosso Corsa” ed una “Marrone Parioli”. Si cambiavano ogni sei mesi e si pagavano alla fine dei mesi. Una pacchia: si vendevano prima di averle pagate.

Nel mese di Ottobre 1969 la Lancia Spa di Pesenti passa ad Agnelli. Cosa ricorda e come venne percepito l’ingresso della Fiat?

“In Via Caraglio tutti i Servizi della Direzione Tecnica furono dislocati sullo stesso piano (il terzo ed ultimo). C’erano tutti i nomi noti agli appassionati: Il Cav. P.I. Ettore Zaccone Mina (Servizio Motori ciclo 8), l’Ing. Castagno (servizio Carrozzeria), l’Ing. Romanini (Servizio  freni, cambi, telai). L’ing. Francesco De Virgilio, pietra miliare ed uomo Lancia a tutto tondo, era ancora in servizio (ndr: andò in pensione nel 1975 e si rioccupò dei motori benzina appena terminata la parentesi come motorista Diesel V.I. dal 1957 al 1970), sovraintese la trasformazione dei bialbero Fiat per Lancia. Quel gruppo era formato dall’ Ing. De Virgilio, Borletto, Rissone, Pagliaretta, Menzio, Baima. Il secondo fu inizialmente costretto ad usare il complessivo motore per fare lo studio particolare, poiché era molto difficoltosa la comunicazione tra le due direzioni tecniche Lancia e Fiat (è stato uno dei motivi del mie dimissioni). Tra l’ Ing. De Virgilio e l’Ing. Camuffo non correva ottimo sangue (ho diversi ricordi di litigate nell’ufficio del primo). Francesco De Virgilio lo conobbi personalmente,  mio papà gli riparò la televisione a valvole, allora ancora di scarsa diffusione ed in case mediamente benestanti. Come noto aveva sposato la nipote di Vincenzo Lancia, Sig.ra Rita Lancia, ed usava recarsi in Ufficio sempre con la sua Appia”. (ndr: Francesco De Virgilio rimase Responsabile del servizio motori diesel- DICT/DP/Serv.Motori Diesel dal 1957 al 1970, come emerge dal libro di G. Goldberg). 
Il primo impatto FIAT fu che la bulloneria di classe 120 (120 Kg/mmq) doveva essere utilizzata il meno possibile per ridurre i costi, quindi solo per serraggi importanti tipo (bielle e i semibasamenti etc). Per poi passare alla classe R100 ed anche R 80 dove non c’erano carichi importanti. Aumentarono anche alcune rugosità superficiali di lavorazione sempre in ottica di risparmio. L’atmosfera non era delle più fluide, si pensava già allora che ci avrebbero assorbiti nei loro uffici appena trovato posto. Era impensabile avere degli uffici tecnici in sedi diverse nella stessa città. Cosa diversa fu per l’Alfa Romeo nel 1987, per molti anni ad Arese”.

Ci parli del motore 830 Gamma, l’ultimo motore Lancia.

“Il Cav. Ettore Zaccone Mina (che usava per i suoi calcoli un bel regolo di legno e bachelite) iniziò a studiare diverse soluzioni a V, successivamente si optò per la configurazione boxer analoga all’815.00 della Flavia (con le differenze note sulla distribuzione). L’impostazione dello studio fu del Cav. Zaccone, ma il lavoro esecutivo lo fece il collega Cavagnero il cui tecnigrafo era dietro le mie spalle, in collaborazione con Ricca. Nell’ufficio a quel tempo eravamo, il Cav. Zaccone Mina per alcuni anni, poi andato in pensione, il nuovo segretario, il sottoscritto, Cavagnero, Granito, Carnio, Chiappa (cultore della storia militare piemontese e costruttore di soldatini per hobby), Fornari, Torre, Laredo, Pozzebon, Ricca, Miotto e l’Ing. Nebbia (ufficio calcoli, grazie al centro meccanografico collegato col Politecnico).
1978 circa – Da sx a dx: Elia (con al barba), Granito,Torre, Pozzebon, Capo Ufficio Cavagnero  (seduto).
Riguardo al motore 830 Gamma, io disegnai il semi basamento (ora non ricordo se il destro od il sinistro). Si disegnava prendendo come spunto lo studio di massima, non ancora del tutto ben definito. Sostanzialmente mentre si disegnava si compiva anche la verifica dei passaggi acqua, olio, interferenze etc. e si consultava chi stava disegnando gli altri particolari nei tecnigrafi confinanti. Credo che impiegai più o meno un mese di lavoro. Feci anche lo studio della pompa acqua che, come è noto, serviva due bancate con le relative testate, si compilavano a mano le distinte dei particolari che componevano i vari gruppi e sottogruppi del motore, e si iniziava a quotare i particolari con il sistema di massimo materiale con le varie tolleranze di forma e posizione che sino ad allora non si usavano. (n.d.r. MMC, Maximum Material Condition. E’ la condizione in cui il pezzo ha il maggior materiale possibile pur rimanendo all’interno del campo di tolleranza. Semplificando: per i fori, ciò significa le dimensioni più piccole che il foro può avere per essere adatto al perno corrispondente. Per un  perno,  la dimensione più grande che può avere per rientrare nel foro corrispondente. Ai fini produttivi è una condizione che è utile mantenere in quanto permette al pezzo di essere “ripreso ” e rilavorato, in caso ad esempio un errore superficiale da risolvere, pur rimanendo nel campo di tolleranza richiesto)  
Del motore 830 ebbi la fortuna di vedere lo stampo in costruzione per la verifica delle pareti. Vidi la “spoglia” di fusione presso la SIMI (azienda esterna incaricata) ma non riconobbi il basamento: non ero abituato a vederlo in negativo dentro un metro cubo di acciaio! 
Sezione trasversale del boxer 830.00 Gamma
La Gamma mi procurò un gradito aumento di stipendio. Il Cav. Zaccone Mina mi propose per un aumento di 30.000 lire, ma nella busta paga successiva trovai solo 20.000 lire. Allora c’era la responsabile dell’ufficio del personale, la Dott.sa Gattiglia, ostica ogniqualvolta c’erano maggiori uscite di bilancio per il personale. Il capo Ufficio Cavagnero volle sincerarsi dell’aumento e mi chiese conto. Gli riferii che non ve ne era stato. Lo riferì al Cav. Zaccone Mina che telefonò alla Dott.ssa Gattiglia. Non conosco il tenore della telefonata, ma il mese successivo ebbi ciò che mi era stato promesso. Questo per sottolineare che il Cav. Zaccone Mina era si severo, ma quando necessario sapeva difendere i diritti del dipendente.
Il boxer 830 Gamma fu il primo motore Lancia con le cinghie dentate per il comando della distribuzione. Come sappiamo dettero non pochi problemi di tensionamento. Il basamento di alluminio  aveva dilatazioni che dovevano essere compensate con i cosiddetti “galoppini” di regolazione (n.d.r. tendicinghia) che inizialmente avevano solo il carter di protezione anteriore. Successivamente, per problemi di infiltrazione – soprattutto neve – si dovettero fornire anche del guscio posteriore così da coprire completamente le cinghie, troppo vicine alla strada.  Uno dei problemi che offuscarono irreversibilmente il modello, minando la credibilità della Lancia stessa, fu il grippaggio del motore dopo pochi chilometri. E questo nonostante le migliaia di ore di prove al banco nelle nostre sale d’officina. Si capì, purtroppo tardivamente, che c’era un problema in produzione, nella lavorazione delle camere di scoppio emisferiche. Quelle sperimentali erano apposto ! Si creava sostanzialmente uno spigolo nella sede candela e sedi valvole che, con la temperatura, bruciava lo spigolo ed il materiale polverizzato (allumino ) faceva grippare il pistone. Un altro e più “famoso” problema fu quello della cinghia di distribuzione (sx lato guida), quella che comandava, sul retro, la pompa idroguida. Nelle sterzate a fondo corsa o con le ruote contro il marciapiede poteva causarne lo scalettamento dovuto all’eccessivo sforzo della pompa, con tutti gli annessi e connessi.
Non solo, ma si dovette intervenire nel mettere delle paratie all’interno della coppa dell’olio (integrale, in fusione con i semibasamenti) poiché nei raccordi delle tangenziali presi in velocità, l’olio si spostava da una parte scoprendo la succheruola, a tal fine modificata per il pescaggio. Sempre in tema di lubrificazione il filtro olio era molto particolare, poiché era  in posizione verticale sul basamento. Mettemmo una valvola per evitare lo svuotamento durante le soste ed allontanare il rischio di grippaggio nelle partenze a circuito vuoto. Altro problema, il disallineamento delle cinghie che comandavano il condizionatore: il supporto con la regolazione si spostava dalla sua sede con conseguente rottura delle cinghie.
Una chicca, con la Gamma si tentò l’inserimento della sovralimentazione con Turbo. Per problemi di spazio e di temperatura il progetto non proseguì (n.d.r. altre testimonianze autorevoli – Ing. Paolo Massai ed Enrico Masala – ci confermano una sua sperimentazione all’interno della Beta Montecarlo e le ottime prestazioni generali nonché l’essere stato un banco di prova per la successiva Thema Turbo).
Finalmente, risolti tutti i problemi, dettero la garanzia dei 100.000 km. Purtroppo era tardi, si era persa la fiducia nella macchina !
Andato in pensione il Cav. Ettore Zaccone Mina, avemmo come responsabile dei motori l’Ing. Pangallo, con la super visione di un ingegnere della sperimentazione di cui ora mi sfugge il nome ma che tempo dopo vidi come apicale in Squadra Corse Ferrari (ndr. Claudio Lombardi entrato in Lancia nel 1975 ).
Col Direttore Tecnico, l’Ing. Sergio Camuffo, abbiamo avuto pochi incontri. Lui era più attento, anche per formazione professionale, al reparto carrozzeria e telai. Ricordo tuttavia che ci fece accorciare il motore 830 della Gamma di 8 mm per problemi di installazione. Di lui ricordo qualche “sfuriata” di servizio con l’Ing. De Virgilio il cui ufficio era accanto al mio”.

In che anno è finita l’esperienza in Lancia ?

“Intanto l’ultimo lavoro che ci assegnarono, presumo per tenerci occupati considerato che con l’avvento della gestione Fiat si era messi un pò da parte, fù lo studio delle punterie idrauliche del bialbero Lampredi. Lo feci sotto la supervisione dell’Ing. Egidi. Mi licenziai io, il 31 Agosto 1981. In ufficio (n.d.r. dal 1979 diventato Ingegneria Lancia all’ interno di Fiat Auto Spa) l’atmosfera non era più quella di un tempo, né quella che auspicavo per il futuro. Non c’erano più scatti di categoria.
A quel tempo la direzione del personale, a chi si licenziava o veniva invitato a farlo, in sostanza i non graditi, elargiva una buonuscita consistente ma con la contropartita di non poter  più essere assunto all’interno del gruppo. A me invece venne data la possibilità, cosa che mi permise di rientrare successivamente in Fiat.
Quando presentai le dimissioni mi chiamò l’ing. Pangallo che  mi offrì un aumento di ben 80.000 lire ma ero talmente demotivato che non accettai. 
Dal 1981 al 1987 (circa 6 anni) ho svolto la professione di artigiano e commerciante nel settore dell’elettronica (mia grande ed attuale passione), progettando e costruendo apparecchiature elettroniche nel settore degli audiovisivi. Ho installato i primi videoproiettori CRT tritubo Sony da 80 pollici in due nightclub di Torino.
Terminata l’esperienza e grazie all’incontro con un mio ex collega dell’allora ufficio telai in Lancia, feci domanda alla ditta U.T.S. (Ufficio Tecnico Studi) poi del gruppo COMAU, dove venni assunto nel maggio del 1987. Qui ripresi la mano sulla sezione longitudinale del 6V Alfa Romeo, e continuai sempre nel settore dei motori per tutti i marchi del gruppo, Ferrari compresa per la quale disegnai sul tecnigrafo la testa cilindri del 6V successore della F40 (alcuni fissaggi della testa dovevano essere fatti con una chiave speciale piegata, perché l’avvitatore normale non passava. In U.T.S. si prendevano commesse da tutti i marchi del gruppo. Con Fiat Auto Spa ho avuto modo di lavorare soprattutto sui diesel (col bravissimo Ing. Majorana, il papà del JTD). Sul 5 cilindri (il 2400 cc di K, Lybra, Thesis) feci lo studio dell’applicazione di un alternatore/motorino d’avviamento (trifase) montato sulla frizione che però, per quello che ricordo, non andò in produzione.
Ho vissuto con grande interesse e soddisfazioni il passaggio dal disegno cartaceo sul tecnigrafo a quello computerizzato. Non ebbi particolari difficoltà, forse merito della mia passione per l’elettronica e l’informatica.
Dopo 42 anni di lavoro sono andato in pensione nel marzo del 2002, devo dire senza rimpianti. Ho continuato per circa tre anni come consulente, dopodiché mi sono dedicato (e lo faccio tutt’ora) alla elettronica e programmazione, supportando l’attività di mio figlio impegnato in ambito di medicina del lavoro.
I miei colleghi ex Lancia erano già da tempo passati in Fiat, quelli di U.T.S chi in Fiat (auto), chi al Centro Ricerche Fiat (C.R.F) e chi in IVECO. La stessa UTS non esiste più, eravamo  circa 600, con personale sparso in tutto il mondo, Cina, India, Argentina, Brasile e Germania. Nell’ufficio carrozzeria dell’U.T.S. (io ero in quello motori) si disegnò la cabina dei camion Scania. Il reparto ferroviario invece, partecipò allo studio del Pendolino. Avevamo un ufficio calcolo all’avanguardia che calcolava la frequenza di risonanza e la resistenza dei vari pezzi importanti della vettura e del motore. Si lavorò anche per Bmw.
Ecco, questi sono i ricordi ormai lontani di un ex “Uomo Lancia”. Non pretendono (né possono) ricostruire fedelmente gli eventi. Ai colleghi che leggeranno senza vedersi tra le persone citate chiedo sin d’ora scusa ! E’ stato per me un piacevolissimo ripasso. Di un modo di lavorare, di persone, di professionalità che hanno lasciato una traccia indelebile nel mondo dell’automobile. Sono orgoglioso di avervi contribuito.

 

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI:

1 ­ Storia della Lancia, Impresa, Tecnologia e Mercati. 1906­1969­ Prof. Franco Amatori
2 ­ Italcementi 1a parte­Università di Bologna
3 ­ Pier Ugo ed Ugo Gobbato ­ Due vite per l’Automobile ­ Monografia AISA n° 86 a cura di Aldo Zana
4 ­ Pesenti Una dinastia tutta affari e Chiesa ­ Archivio la Repubblica.it­ 26.02.1993
5 ­ Alfa­Lancia Industriale S.p.a, pronta al debutto ­ Archivio la Repubblica.it­ 30.12.1986
6 ­ Vittorio Ghidella, l’uomo d’oro della Fiat ­ Panoramauto.it ­ 18.07.2013
7 ­ Giuliana Borghesi in Ghidella: Così convinsi mio marito a dire di sì agli Agnelli ­ Corriere d.Sera ­ 20.03.2011

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