Un ritratto di famiglia. Maria Lancia parla di Vincenzo.

SaveLancia nasce per non disperdere una memoria di eccellenza italiana: storie segnate dal desiderio di tenere alta la memoria di un patrimonio di fatti, vicende umane ed industriali che hanno reso grande il nome di Lancia tra i costruttori mondiali di automobili. Fiat ha deciso deliberatamente di cancellare questo tratto di storia e noi vorremmo riempire questo vuoto. In questa lettera, documento autentico, Maria Lancia parla di suo fratello Vincenzo, successivamente alla prematura scomparsa, con l’affetto e la passione di una donna che accomuna anche noi appassionati del marchio torinese. Di Vincenzo Lancia industriale, costruttore, e non sempre fortunato corridore, molti hanno parlato e scritto dopo la sua morte. Altri l’hanno ricordato gentiluomo benefico e bonario, amante della musica di Wagner, e amico dei poveri, specialmente se suoi compaesani, smarriti per il mondo.Nessuno ha scritto di lui ragazzo, di lui giovane animoso e dinamico, di lui spesso perduto in sogni irraggiungibili, in desideri di irraggiungibili lontananze.Io, che l’ebbi compagno d’infanzia, lo rivedo indisciplinato sbarazzino a Torino, più assiduo frequentatore dei viali e delle piazze che non della scuola elementare “Niccolò-Tommaseo” alla quale era iscritto, quasi sempre indossante vestiti di tela, ma avvolto d’inverno in un poco elegante mantello, pur assai elegantemente portato.E pure lo rivedo rientrare accompagnato dai vigili, grondante acqua dopo un pericoloso bagno nel Po, sorridente e beato sotto le trepidanti sgridate paterne, sempre minacciato di collegio, e finalmente in collegio rinchiuso a Varallo. E lo vedo fabbricare mulini, di e notte risonanti nel paterno torrente della Montà; lo rivedo festeggiare, con il vecchio cannone ideato e fatto fondere da suo padre, la estiva sagra del nostro Fobello, sempre in moto, sempre sognando e facendo vivere cose nuove e nuovi disegni.Vincenzo Lancia E pur lo ricordo sul nostro terrazzo, luogo di risa e di giochi, dinanzi a un’enorme scodella di latte, in copiose merende, o appollaiato su un faggio gigantesco nel bosco soprastante la casa; e triste, all’autunno, tornarsene in città a riprendere gli studi, salvo a scordare di presentarsi agli esami.Tale fu Vincenzo Lancia, fino ai vent’ anni, o poco più.Dopo, ahimé! quasi subito dopo, una ben dura fatica l’attendeva, e ancor lo ricordo, quando si incendiò la sua prima fabbrica in via Petrarca, mordersi per il dolore le mani, e, disperato, piangere come un bimbo. Dopo, si, dopo venne anche il successo e venne la gioia di vedere le sue vetture veloci e stimate correre per il mondo; ma sempre quei giorni non più tornanti dell’infanzia gli risero e piansero in cuore ; senza posa, eterno fanciullo incontentabile, cercò ed insegui qualcosa di più alto e lontano, qualcosa che sempre, ma invano, sorride agli spiriti umani più eletti. Ed ora, noi siamo grati a quanti ancora lo ricordano, grati soprattutto a quanti continuano con amore, coraggio e successo, la sua opera, si che la memoria di lui e il nostro nome vivano a lungo e con onore per le sempre più vaste e numerose vie del mondo. Maria Lancia
Vincenzo Lancia a colori
Vincenzo Lancia in una fotografia a colori, ricostruita dal nostro grafico.
  …………………………………………………………………………………………………………………………………………… Maria Lancia’s letter Vincenzo Lancia industrial, maker, and not always successful racer, many have spoken and written after his death. Others have recolled him as beneficator and good-natured gentleman, a lover of Wagner’s music, and friend of the poor, especially if his countrymen, lost wherever in the world. Lancia ApriliaNo one has written about him as a boy, his young spirited and dynamic, he often was lost in dreams unreachable, unattainable desires future oriented. I, who had his childhood companion, I see him unruly vibrant in Turin, where he frequented more the avenues and squares that his  elementary school “Nicholas Tommaseo” where he was registered, almost always wearing canvas clothes, but wrapped in winter in a not so nifty mantle, although very elegantly brought. And yet I see him brought back by officers, dripping water after a swim in the dangerous Po, smiling and happy under the anxious father scoldings, always threatened to send him to college, and finally locked in a college in Varallo. And I see him making mills, in the night resounding over his father stream of Monta, I see him celebrating with the old cannon designed and melted by his father, the summer festival of our Fobello, always in motion, always dreaming and bringings new things and sketches to life. And I remember him on our terrace, a place of laughter and games, next a huge bowl of milk, in copious snacks, or perched on a gigantic beech in the forest above the house, and sad, in the fall, when he had to go back to town to resume his studies, except forgetting to show up for the exams. This was Vincenzo Lancia, up to twenty years ago, or so. After that, oh god. almost immediately after, a well hard work was waiting for him, and I even remember when it burned its first factory in Via Petrarca, he was biting his hands for the pain, and, in despair, crying like a baby. Later, after he was also successful and was the joy of seeing his fast and appreciated cars run the world, but always those days of childhood, that never came back, let him laugh and cry in his heart, without rest, eternal child insatiable, tried and chase something higher and far away, something that always, but in vain, smile to the elected human spirits. And now, we are grateful to those who still remember him, grateful especially to those who have still in love, courage and success, his work, so that the memory of him and our name live long and honor for ever larger and many streets of the world. Maria Lancia

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